Giuseppe Tangorra 1882 - 1944
Nato 8.9.1882 in Sant'Eramo in Colle
Morto 14.4.1944 in Ebensee
Biografia
Il 19 agosto 1912 Giuseppe Tangorra si sposò con Bedogni Adele originaria di Montelupo Fiorentino (Fi) e nello stesso posto fissarono la loro residenza. Dal loro matrimonio nacquero due figlie: Matilde e Vera. Era una famiglia felice e nulla, proprio nulla, faceva pensare che le loro famiglia sarebbe stata colpita da una grande tragedia. Con i suoi 62 anni, non poteva immaginare che la bruttura umana e la vigliaccheria lo avrebbero portato nei campi di sterminio nazisti. Verso fine agosto 1943, Giuseppe Tangorra venne chiamato da suo fratello Michele e dalle sue sorelle a Santeramo, per risolvere alcune pendenze di famiglia. Avrebbe dovuto ripartire subito, ma i ricorsi, gli amici, i parenti e l’insistenza dei suoi cari lo convinsero a trattenersi alcune settimane a Santeramo. L’8 settembre 1943, la radio annunziava la resa e la fine della guerra. Giuseppe Tangorra voleva ritornare a casa anche per non lasciare soli i propri familiari in un momento tanto delicato. I familiari tentarono di convincerlo a non partire, ad attendere ancora. Nonostante le insistenze, Tangorra partì.
Dal racconto si evidenzia che, durante il viaggio, vi furono numerosi scontri fra tedeschi e partigiani e che in quelle terre di nessuno era molto facile imbattersi in scontri a fuoco. Per raggiungere la sua famiglia, aveva viaggiato in treno da Santeramo ad Altamura e poi fino alla stazione di Rocchetta Sant’Antonio, provincia di Foggia, dove l’ultimo treno funzionante si fermò definitivamente l’otto settembre.
Da lì cominciò la sua avventura. Camminò tra boschi e strade poco frequentate, dormendo in casolari abbandonati e aiutato da contadini generosiche gli offrivano da mangiare. Dopo una settimana di autentico calvario, sfinito e in condizioni che oggi non si riesce neppure ad immaginare e in età non più giovanissima, raggiunse la sua famiglia che non aveva più sue notizie da tanti giorni. Giunto a destinazione, fu ricoverato in ospedale perché affetto da broncopolmonite. Anche a quest’altro pericolo era scampato e sembrava che un po’ di pace e tranquillità fosse arrivata in quella povera famiglia. Non durò a lungo tale serenità. Giuseppe Tangorra si era schierato in gioventù con il fascismo, aveva creduto come tanti che tale partito avrebbe portato il popolo italiano al benessere e alla ricchezza e come tanti altri si era sbagliato. Quando capì che quella di mussolini era solo dittatura, divenne attivo oppositore del regime e rifiutò la tessera fascista. Si schierò così all’opposizione abbracciando la lotta clandestina, e ciò non piacque ai militanti fascisti di Montelupo che aspettarono il momento opportuno per fargliela pagare caramente. Fu così che l’otto marzo 1944 i gerarchi fascisti locali (incuranti della sua età) si vendicarono indicandolo ai reparti speciali nazisti come elemento pericoloso. Nottetempo fu prelevato dai tedeschi, chiuso in un vagone e inviato in Germania nei campi di sterminio, luogo dal quale non ha fatto ritorno.
Lorenzo Musci
Note personali al testo
L’autore del testo, Lorenzo Musci, riporta ricordi suoi e della sua famiglia, frutto anche di ricerca personale negli archivi comunali di Santeramo in Colle (Ba) e Montelupo Fiorentino (Fi). Di formazione ed impegno politico socialista, Lorenzo Musci faceva parte di una famiglia molto nota in paese: suo padre, Pietro detto Pietrucc, gestiva un bar nella piazza del Municipio e, per la sua attività politica antifascista venne più volte arrestato ed, infine, bastonato e lasciato moribondo nella fontana del paese da una squadraccia fascista venuta apposta da Gioia del Colle. Si salvò perché creduto oramai morto affogato.
Il nonno, anche lui di nome Lorenzo (1862), è autore di un diario sulla sua vita pubblicato dalla Fondazione Archivio Diaristico Nazionale.
Ha dedicato parte della sua vita a coltivare la memoria del periodo 1922-1970 in scritti ed incontri con le scolaresche del territorio della Murgia barese.
Di Giuseppe Tangorra si conosceva poco e nulla che non fosse legato a ricordi personali di chi lo conosceva personalmente. L’aver vissuto in Toscana gran parte della sua vita ha certamente contribuito a renderne labile il ricordo. Con la pubblicazione del volume “Cara madre ti faccio sapere...”, si è cominciato a parlare di un dovuto riconoscimento della Comunità santermana ad un suo figlio barbaramente assassinato. La strada per questo riconoscimento è ancora lunga, purtroppo, ma non disperiamo di riuscire a dar vita, quanto prima, ad una giornata che ne veneri vita e memoria presso i suoi amati concittadini.
Carlo Cardinale, da Santeramo in Colle